Stefano D'Arrigo

Fortunato Stefano D’Arrigo[1] nasce il 15 ottobre 1919 ad Alì Terme, dove trascorre i primi anni di vita. Finiti gli studi a Messina si trasferisce a Roma dove lavora come giornalista e critico d’arte.

Il legame affettivo con il suo paese natale è desumibile dal riferimento alla sabbia di Alì Marina,[2] presente in una delle liriche del Codice siciliano (raccolta di poesie pubblicata nel 1957). D’Arrigo scrive il Codice nel momento in cui si dedica ad un tipo particolare di poesia, dominata dall’Ermetismo, movimento che tende ad escludere le situazioni nominabili e che lascia al simbolo la capacità di sostituire la parola.

Sempre in quest’opera D’Arrigo fa vari riferimenti alla madre, Agata Miracolo, dedicandole l’intera opera. Il rapporto che ha con la madre è da analizzare bilateralmente: da un punto di vista reale, le è molto legato, da un punto di vista psicologico il loro è un rapporto affettuoso e complicato, che probabilmente lo scrittore risolve con la creazione dei personaggi delle sue opere. Stefano D’Arrigo è molto severo con quasi tutti gli scrittori contemporanei, figlio di una miscela linguistica che prende il nome di plurilinguismo dell’espressionismo, si tratta di uno scrittore sperimentale, perché inizia scrivendo le sue prime opere da neorealista, poi da plurilinguista ed infine (con l’Horcynus) torna all’italiano più prezioso.

Nel 1958 a Crotone vince il Premio speciale della giuria per la poesia. La sua opera maggiore, ritenuta da tanti uno dei più grandi capolavori italiani del XX secolo, sarebbe dovuta uscire nel 1961 con il nome I giorni della fera, ma la sua stesura dura fino al 1975, quando viene pubblicata con il nome Horcynus Orca ed è, probabilmente, l’unico romanzo di mare nel panorama della letteratura italiana del ‘900. In quegli l’autore soffre di una patologia sconosciuta, il medico gli ordina di vivere in una località collinare per alleviare il suo dolore. D’Arrigo sceglie Arcinazzo (Roma) ed è proprio lì che l’editore Mondadori lo raggiunge con lo scopo di ottenere quel testo che nessuno, fino ad allora, è riuscito a farsi consegnare. L’edizione Mondadori esce nel 1975. Nello stesso anno durante la rappresentazione dell’opera a Palermo, D’Arrigo comunica all’uditorio di aver ricevuto una proposta per una laura onoraria in Oceanografia, il che non sorprende, dato che l’autore possiede una vasta serie di ami da pesca in casa e conosce numerosissimi dettagli tecnici riguardo l’attività marinara, tanto che, quando ha qualche dubbio, legge libri sull’argomento con occhio del tutto critico, seppur affamato di conoscenza.

[1] Il primo nome, scelto dalla madre, deriva da un auspicio della donna, in quanto ella non riteneva il figlio “fortunato” ad essere nato da lei; il secondo, che deriva dal greco con il significato di “incoronato”, lo scelse lo scrittore, per indicare il vertice che egli raggiunse. Vedi, Ibidem.

[2] Vecchio nome di Alì Terme.

Le informazioni per la stesura di questo testo sono state prese da un’intervista fatta al critico letterario Walter Pedullà, organizzata dalla Pro Loco e dal comune di Alì Terme, per le celebrazioni del centenario dalla nascita dell’autore.

Chi vuole sapere com’è il mare deve leggere Horcynus Orca.[1]

[1] Walter Pedullà, Intervista a Walter Pedullà – Centenario dalla nascita di Stefano D’Arrigo